21 dicembre 2017

Viagra – croce o delizia per un subacqueo?

Di C. Liebscher

Non è improbabile che ci siano uomini sui 40, 50 o 60 anni che prendono il viagra e che qualcuno di essi sia anche subacqueo. Perciò andrebbero avvertiti che il viagra preso prima di un’immersione aumenta le probabilità di MDD mentre preso dopo potrebbe essere un rimedio. Quando dei ricercatori decidono di somministrare un farmaco a piccoli roditori per poi farli immergere in una camera iperbarica, i subacquei sanno che il motivo è trovare dei rimedi per la malattia da decompressione. Se il farmaco in questione è il viagra, probabilmente il medicinale più noto di sempre, una ricerca di questo tipo fa sicuramente notizia. Non altrettanto noto è il principio attivo del viagra, il sildenafil, originariamente studiato come farmaco contro l’ipertensione. I suoi effetti benefici per la metà maschile dell’umanità erano più che altro un effetto collaterale, in seguito ampiamente commercializzato dalla Pfizer, come ben sappiamo. Attualmente il sildenafil è autorizzato come cura per l’ipertensione polmonare e altre patologie vascolari. In alcuni triatleti è stato utilizzato “off-label” con buoni risultati contro l’edema polmonare indotto dal nuoto (“SIPE”, con acronimo inglese). La differenza principale con il viagra è che viene somministrato in dosi più basse.


Inibitori della fosfodierasi-5, NO esogeno ed endogeno, vasodilatazione
Il sildenafil agisce sull’endotelio, lo strato interno dei vasi sanguigni, e li dilata potenziando semplicemente l’effetto vasodilatatore sul rilassamento del tessuto muscolare liscio. Funziona inibendo un enzima, la fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5). In breve, è un inibitore della PDE5. Abbassa la pressione sanguigna dilatando i vasi. Questi effetti sono simili a quelli dell’ossido di azoto (NO), anch’esso un vasodilatatore; quindi gli scienziati pensavano che un vasodilatatore come il sildenafil (viagra) potesse avere un effetto protettivo contro la malattia da decompressione (MDD). La MDD è dovuta a bolle che si formano da micronuclei nei vasi sanguigni a seguito della decompressione, e si crede che sostanze che rilasciano NO possano ridurre la formazione di bolle e prevenire forme gravi di malattia da decompressione.
Studio sulla prevenzione farmacologica con sildenafil
Le speranze per un nuovo rimedio per la MDD crollarono quando gli scienziati - Blatteau, Brubakk, Gempp, Castagna, Risso e Vallée - sperimentarono su un modello animale gli effetti del trattamento preventivo con sildenafil, videro che non solo non protegge affatto contro la MDD ma, al contrario, può essere dannoso, e conclusero quindi che i subacquei devono essere avvertiti. I ricercatori somministrarono a dei piccoli roditori 10mg/kg di sildenafil un’ora prima dell’esposizione per valutarne gli effetti clinici. I roditori vennero poi sottoposti a un’immersione simulata a 90 m. per 45 minuti in camera iperbarica con successiva decompressione in tappe. Mezz’ora dopo l’immersione si procedette alla valutazione clinica dei sintomi di MDD neurologica, del conteggio delle cellule ematiche e della quantificazione del livello di bolle circolanti nelle cavità destre. Al gruppo di controllo non era stato somministrato sildenafil ma lo stesso volume d’acqua prima di un’immersione in condizioni identiche.
Risultati negativi
Come detto prima, le speranze degli scienziati vennero deluse: nel gruppo trattato con sildenafil ci furono più casi di MDD che nel gruppo di controllo. Venne inoltre osserva una riduzione nel numero di piastrine nel gruppo sildenafil – un marcatore biologico dello stress da decompressione. Ciò si deve al fatto che nella MDD le bolle gassose danneggiano l’endotelio e provocano una risposta infiammatoria risultante nell’attivazione di leucociti che trasmigrano attraverso l’endotelio vascolare a seguito della MDD, il che spiega la riduzione del numero.



Effetti benefici sui nuotatori
Per quanto queste scoperte siano sconfortanti riguardo la malattia da decompressione, non vanno confuse con gli effetti benefici che il sildenafil ha sul SIPE (edema polmonare indotto dal nuoto) nei triatleti nei quali, preso prima di iniziare l’attività, ha ridotto efficacemente i sintomi dell’edema. Il nuoto, sebbene anch’esso uno sport acquatico, è totalmente diverso dalle immersioni con autorespiratore. Le profondità più elevate e le pressioni più alte della subacquea sono la differenza principale. Ciò che è bene in un’attività può essere male nell’altra.
Come si spiega …
La spiegazione dei ricercatori riguardo l’aumento del rischio di MDD se si assume sildenafil prima di immergersi è che l’effetto vasodilatatore del sildenafil sul sistema nervoso centrale causa un aumento del flusso ematico cerebrale con un consistente maggior carico di gas inerte durante l’esposizione iperbarica, che può poi portare alla formazione di bolle e MDD grave nel tessuto nervoso.
Quindi, cosa sappiamo?
Sia il sildenafil che l’ossido di azoto (endogeno o esogeno) sono vasodilatatori potenti. Negli studi sul trattamento preventivo si è osservato che l’ossido di azoto (NO) riduce efficacemente il rischio di MDD. Ma ciò non significa che l’uso di un qualsiasi vasodilatatore riduca il rischio di MDD. Ovviamente ci sono differenze tra donatori endogeni ed esogeni di NO e un medicinale come l’inibitore della PDE5 sildenafil. Il rilascio di un donatore endogeno di NO avviene con l’esercizio fisico, un donatore esogeno di NO può essere assunto con il cibo. Nel summenzionato studio il sildenafil non ha potuto ridurre la formazione di bolle nel modello animale, ma è noto che l’ossido di azoto (NO) riduce la formazione di bolle sia nei roditori che negli esseri umani, come è stato evidenziato da studi sul trattamento preventivo (vedi Balestra et al.). Quindi, proprietà e meccanismi dei donatori di ossido di azoto devono essere diversi da quelli associati al sildenafil. Ciò porta a pensare che la presenza dei micronuclei gassosi aderenti alla parete del vaso sanguigno non sia direttamente influenzata dall’effetto vasodilatatore correlato al rilassamento del tessuto muscolare liscio. L’ossido di azoto sembra avere effetti specifici sulla riduzione del numero dei micronuclei gassosi che aderiscono alla superficie dell’endotelio. Può anche diffondersi alla superficie luminale dell’endotelio e innescare importanti effetti fisiologici, ossia neutralizzare i radicali superossido, inibire l’aggregazione piastrinica, modulare la permeabilità dello strato endoteliale e attenuare la funzione leucocitaria. Il sildenafil non sembra avere questi specifici effetti.
Un possibile rimedio dopo la decompressione
Ciò che non è buono in una situazione può esserlo in altre circostanze: l’aumento di flusso ematico cerebrale e il miglioramento della ripresa funzionale del tessuto ischemico si sono rivelati positivi nel trattamento dell’ictus con sildenafil 24 ore dopo l’insorgere dell’ictus ischemico. Questo fa sperare che il sildenafil potrebbe essere un utile coadiuvante nel trattamento della MDD neurologica ischemica in subacquei che non si sono ristabiliti col trattamento iniziale con ossigeno iperbarico.



Cosa abbiamo imparato?
SUBACQUEI CON AUTORESPIRATORE:
Metodi preventivi come la sauna o un moderato esercizio fisico portano benefici se fatti prima dell’immersione. Innescano il rilascio di NO endogeno, che neutralizza i micronuclei sullo strato interno dei vasi sanguigni e verosimilmente riduce il rischio di MDD. Fare esercizio fisico pesante o  a sauna nelle 24-48 ore successive all’immersione aumenta il rischio di MDD perché aumenta il  lusso sanguigno in gran parte dei tessuti e porta all’aumento della formazione di bolle dovuta al rilascio di azoto. Nel modello animale, il sildenafil aumenta il rischio di MDD se preso prima dell’immersione. Non sappiamo se ci sono casi tra i subacquei umani. Se si è già colpiti da MDD e già trattati in camera iperbarica, il sildenafil può essere di aiuto dopo l’immersione e dopo il trattamento con ossigeno iperbarico perché può alleviare i sintomi della MDD neurologica aumentando il flusso ematico cerebrale. Questa è un’ipotesi basata su studi sull’ictus nei roditori e richiede ulteriori ricerche.
NUOTATORI, TRIATLETI E ATLETI DI ALTRE DISCIPLINE ESTREME:
L’uso off-label del farmaco ha dimostrato che il sildenafil preso con un basso dosaggio può curare efficacemente i sintomi del SIPE e della malattia da alte quote. Un avvertimento I ricercatori di questo studio hanno concluso che un trattamento preventivo con sildenafil (viagra), o con altri farmaci con azione simile (come gli inibitori della PDE-5), favorisce l’insorgere e la gravità della malattia da decompressione neurologica. Si tratta di una scoperta importante, da diffondere tra i subacquei. Se si prendono medicinali, prima di fare immersioni bisogna sempre sentire il parere del medico (subacqueo). Ciò è particolarmente importante con il viagra. Le possibili interazioni con altri farmaci e con patologie sottostanti devono sempre essere esaminate e chiarite subito, a maggior ragione in un contesto di attività subacquee.
Per fare più chiarezza …

La ricerca ha mostrato che servono ulteriori studi sui marcatori dello stress ossidativo nel sistema nervoso centrale (SNC) per capire meglio i meccanismi sottostanti del sildenafil nella MDD. 

10 settembre 2017

Meduse: pericolose o innocue?

Con il termine medusa si indica una varietà della specie degli cnidari, organismi marini pluricellulari con una struttura neuronale primitiva. Il nome deriva dalla composizione gelatinosa dei tessuti. La maggior parte delle meduse si trova in ambienti marini, sebbene alcune specie si siano evolute in acqua dolce.
Gran parte delle meduse è carnivora e si nutre di piccoli organismi marini e pesci. Fa eccezione la Cassiopea, varietà di medusa che, grazie alle alghe simbionti, ottiene energia direttamente dal sole!
Le meduse utilizzano i tentacoli, coperte da cellule urticanti contenenti nematocisti, per cacciare le prede. Le nematocisti rilasciano delle tossine che paralizzano o uccidono la preda, permettendo alla medusa di nutrirsi. Per nostra fortuna, la maggioranza delle meduse è di dimensione ridotta e rilascia una quantità limitata di tossine.



Molte specie di meduse condividono nicchie ecologiche con altri pesci, entrando in competizione con questi ultimi per la sopravvivenza. A causa della sovrapesca, dell'inquinamento o di altri fattori esterni, la quantità di pesce diminuisce mentre quella di meduse aumenta, incrementando ancor di più il divario ecologico.
Sebbene solo determinate specie di meduse siano pericolose per l'uomo, molte sono in grado di causare irritazioni, sensazione di bruciore o scottature. Tutto ciò può essere evitato semplicemente indossando una muta.

Per scoprire più curiosità su questi fantastici cacciatori marini, iscriviti al corso di specialità DAN EUROPE FIRST AID for HAZARDOUS MARINE LIFE INJURIES o il corso di specialità Marine Ecology SSI




12 agosto 2017

SUBACQUEA POP: 007 OPERAZIONE TUONO

di C. Di Manao

Subacquea POP. Il nostro viaggio alla ricerca di quello che ha reso la subacquea popolare: personaggi, di carta o di celluloide, diventati cult nella comunità sub.
Con 1 miliardo di dollari nel 2011, Thunderball (1965) è il secondo Bond movie per incassi, dopo Skyfall. In Thunderball il cinema di cassetta attinge a piene mani alla ripresa subacquea e alle sue possibilità coreografiche. 
IL FILM
Un bombardiere nucleare Avro Vulcan della RAF (con un ordigno atomico a bordo) sparisce dai radar e si posa come una foglia su un fondale di sabbia così bianca che solo alle Bahamas. Come nel precedente Goldfinger, una bomba atomica in mano ai cattivi è una grossa rogna che solo Bond può risolvere. Uno Sean Connery in grandissima forma si salva per miracolo da una piscina infestata di squali, in un’altra scena si apparta dietro una testa di corallo con Claudine Auger, la bond girl di turno, suggerendo al pubblico che sott’acqua si possono fare tantissime attività. Gran finale con battaglia sottomarina tra buoni e cattivi a colpi di fiocine e fruste dell’alimentazione tagliate col coltello. Un film che sa di acqua salata, talco e vecchio neoprene rosso-arancio.
BUDDY CHECK
Il GAV, questo sconosciuto. I primi GAV di serie apparvero agli inizi degli anni ’70, mentre il film è del ’65. Thunderball è un tripudio di schienalini e cinghiaggi in cordura. Per non parlare della sorgente alternativa dell’aria, che si affacciò alla subacquea assai più tardi.

MANEGGIARE CON CURA
Immergersi senza GAV comportava una precisione assoluta nella scelta della pesata ed una grande abilità nel controllo del volume polmonare attraverso la respirazione. Immergersi senza sorgente d’aria alternativa comportava una certa destrezza nella respirazione in coppia, tecnica oggi temutissima da allievi e istruttori.
ATTENZIONE. Le risalite (e le discese) nelle scene sono a razzo, perfettamente in linea con l’emergenza della situazione: evitare di essere infilzati o di diventare la colazione di uno squalo tigre. Fu proprio l’assenza dei GAV a permettere ai figuranti la mobilità da apneisti. Col risultato che è il film che ha collezionato il più alto numero di barotraumi durante le riprese. Della serie: non fatelo a casa...
FICTION IMPOSSIBLE
Un pilota di bombardiere respira a 30 metri di profondità attraverso la sua maschera d’ossigeno di disegno aeronautico. Trova i due errori.
LEGGENDE METROPOLITANE
Ecco un famosissimo gadget di Bond duro a morire nella fantasia dei subacquei: la micro-bombola ad altissima pressione e dalle dimensioni di una stilografica! La vediamo spuntare ogni tanto su blog, magazine e forum di subacquea. Allora le scene furono così convincenti che l’Esercito Britannico si interessò al gadget. “Quanto può durare un uomo in immersione con quell’aggeggio?” domandò un ufficiale del Royal Engeneers, “Tanto quanto riesce a trattenere il fiato!” fu la risposta dello scenografo.
IL RETAGGIO
Con Thunderball la subacquea esce dai documentari e si piazza tra i desideri quotidiani di una società in pieno boom economico. Attrezzature e mezzi utilizzati, tra i quali gli antenati degli scooter subacquei, entrarono di prepotenza nell’immaginario di due generazioni: giocattoli e vere attrezzature subacquee dominano le vetrine. Thunderball fu il più grande spot della subacquea che si sia mai visto.
Oggi la subacquea è quasi assente dal mainstream, decisamente bistrattata. Ma tra gli anni ‘50 e ‘60 si insinuò nella fantasia di molti autori. La subacquea offriva la possibilità a registi e cineoperatori di girare scene in movimento nelle tre dimensioni. In pochi anni iniziò a migrare nella cultura popolare diventando un'attività di culto. Negli anni, furono la fantascienza e i viaggi spaziali a sostituire la subacquea nell’immaginario collettivo, rimpiazzando fondali ricchi di vita e di mistero con interni asettici d’astronavi e con un sogno francamente più difficile da realizzare. Lasciando tutti, è il caso di dire, a bocca asciutta.

6 giugno 2017

Conseguenze della crema solare




Se sei un frequentatore di spiagge, saprai che è necessario proteggersi dai famosi raggi ultravioletti. Quello che però non tutti sanno è che le creme e gli spray che vengono utilizzati a questo scopo possono avere un impatto negativo sull'ambiente marino. Ogni anno, 78 milioni di persone si recano nelle spiagge di tutto il mondo, consumando dalle 4 alle 6 mila tonnellate di creme solari, che si dissolvono inesorabilmente in mare. Le componenti chimiche, che includono oxybenzone o benzophenone-3, danno benifici all'uomo ma possono indebolire e uccidere coralli e le alghe simbiotiche.



Queste alghe, chiamate zooxantelle, forniscono ai coralli che le ospitano energia fotosintetizzata dal sole. I coralli in questo modo sono quindi in grado di costruire le note barriere, che fungono da habitat per milioni di specie marine. L'oxybenzone, liberato dai corpi dei bagnanti e dei subacquei, moltiplica i virus all'interno dell'alga, causando l'indebolimento e la morte delle stesse alghe e dei coralli nei quali si trovano. Questo processo, peggiorato dal cambiamento climatico, dalla temperatura delle acque e dall'inquinamento ad opera dell'uomo, pone le barriere coralline in una situazione di degrado ancora maggiore. Ricercatori del NCCOS (National Center for Coastal Ocean Science) affermano che la percentuale stimata di barriere coralline al mondo minacciate dall'utilizzo di creme protettive, lozioni e spray sia del 10%.

Questi prodotti a volte contengono anche diossido di titanio e ossido di zinco, estremamente resistenti ai raggi ultravioletti. Si tratta di catalizzatori che favoriscono la formazione di perossido di idrogeno se combinati a luce e acqua. Queste componenti hanno generalmente un rivestimento che riduce gli effetti dei catalizzatori, ma che si dissolve a contatto con l'acqua. Nel momento in cui il nuotatore entra in acqua, vengono rilasciati i metalli-ossidi che formano perossido di idrogeno, tossico per le algae simbiotiche. man mano che quest'ultime muoiono la catena alimentare ne risentirà e non avverrà la fotosintesi.



Puoi dare il tuo contributo alla salvaguardia dell'ambiente marino scegliendo creme protettive a base di minerali e spray che non contengano sostanze chimiche che possono avere effetti negativi. Il tuo sforzo, combinato a quelli di milioni di altre persone, permetterebbe all'oceano di mantenersi sano per le generazioni future.

Per apprendere di più sul mondo subacqueo e i suoi abitanti, contatta il tuo Istruttore di fiducia per avere informazioni sul corso di specialità HMLI Hazardous Marine Life Injuries DAN o Marine Ecology SSI, adatta a subacquei e non.

19 maggio 2017

Epilessia e Subacquea


Dr Louis van Heerden

I subacquei epilettici devono considerare tutti i fattori della loro malattia prima di andare sott’acqua, poiché una crisi in immersione può avere conseguenze molto gravi. 

I termini “epilessia” e “convulsioni” sono spesso usati come sinonimi. Le crisi epilettiche sono manifestazioni parossistiche (imprevedibili e incontrollabili) delle proprietà elettriche della corteccia cerebrale. In altre parole, si tratta di scariche elettriche incontrollate e involontarie dell’attività neuronale di tutto il cervello o di una parte di esso. È importante sottolineare che l’epilessia è una patologia con crisi ricorrenti e non provocate. La classificazione e le manifestazioni dipendono dall’area del cervello che è coinvolta. 

COSA PUÒ FAVORIRE L’EPILESSIA? 

Potrebbe sorprendere il fatto che le convulsioni siano manifestazioni molto comuni, non specifiche, di lesioni e di malattie neurologiche. Sappiamo che la funzione principale del cervello è trasmettere impulsi elettrici. Nella letteratura medica più recente si afferma che ciascuno di noi ha circa il 9% di probabilità di avere almeno una crisi epilettica nella vita e il 3 % di probabilità di ricevere una diagnosi di epilessia. La prevalenza dell’epilessia attiva è comunque solo dello 0,8%. Le crisi epilettiche possono avere molte cause: una predisposizione genetica, un trauma cranico, un ictus, tumori cerebrali, crisi di astinenza da alcol e/o droghe. Sembra che alcune situazioni possano abbassare la soglia per una crisi epilettica e l’immersione in acqua è sicuramente la più importante se introduciamo l’elemento subacquea. Deprivazione sensoriale, iperventilazione, narcosi da azoto, acidosi (dall’accumulo di anidride carbonica), ansia e ipossia (per qualsiasi ragione) possono favorire l’insorgere di convulsioni in circostanze normali. Tutte situazioni che in profondità sono più probabili. Tra gli altri fattori troviamo affaticamento, stress psicologico, uso di stupefacenti, luci intermittenti, malattie, alcune carenze nutritive. La combinazione di anche uno solo di tali fattori con l’esposizione all’acqua innalza i rischi per un epilettico in immersione: aumenta il rischio di una crisi epilettica sott’acqua e aumentano le probabilità di un esito fatale quasi certo, ossia l’annegamento.



COME FUNZIONA L’EPILESSIA?

Esaminiamo più da vicino l’anatomia (struttura) e la fisiologia (funzionamento) dell’epilessia. Si può classificare sommariamente in epilessia focale, quando la scarica elettrica dei neuroni (cellule cerebrali) riguarda solo un’area specifica del cervello, o epilessia generalizzata, se è coinvolto tutto il cervello. L’area della struttura cerebrale coinvolta, in parte o per intero, è chiamata corteccia cerebrale. Anatomicamente costituisce l’area superficiale del telencefalo (la parte più estesa del cervello). Le anomalie epilettiformi focali interictali , o “sharp wave”, sono la caratteristica neurofisiologica clinica dell’epilessia focale e il correlato neurofisiologico cellulare è chiamato spostamento di depolarizzazione parossistica (PDS). In breve, questo processo implica la depolarizzazione (una variazione del potenziale a riposo o “corrente”) dei neuroni attraverso canali del potassio calcio-dipendenti seguita da una prominente iperpolarizzazione postuma. Se i neuroni che scaricano sono più di qualche milione, gli elettrodi elettroencefalografici sono in grado di registrare l’attività elettrica con un elettroencefalogramma (EEG).

I meccanismi che possono coesistere in diverse combinazioni e causare crisi epilettiche a inizio focale sono la diminuita inibizione o l’aumento dell’eccitabilità dei neuroni - che vedremo in sintesi in quanto una disamina approfondita non rientra negli scopi del presente articolo. I meccanismi che portano alla diminuzione dell’inibizione dei neuroni sono difetti dell’inibizione dell’acido gamma-aminobutirrico (GABA) A e B (un neurotrasmettitore), difetti dell’attivazione di neuroni GABA e difetti del buffering (tamponamento chimico) del calcio intracellulare. I meccanismi che portano a un aumento dell’eccitabilità dei neuroni sono un aumento dell’attivazione dei recettori dell’acido N-metil-D-aspartico (NMDA), un aumento della sincronia tra neuroni dovuta a interazioni efaptiche (passaggio di un impulso elettrico da un neurone all’altro) e aumento della sincronia e/o dell’attivazione dovuta a collaterali ricorrenti. Le crisi epilettiche a inizio focale possono diventare generalizzate. L’influenza dell’ambiente acquatico sull’epilessia è stato già esaminato. Anche considerata singolarmente ciascuna variabile già costituisce una controindicazione all’attività subacquea. Si può desumere la pericolosità della situazione se vengono combinate.



COSA PUÒ FARE UN SUBACQUEO A PROPOSITO DELL’EPILESSIA?

Sebbene il rischio non possa essere quantificato, data l’eventualità di un esito fatale molti medici non vorranno certificare l’idoneità alle immersioni ricreative di persone che soffrono di convulsioni o hanno ricevuto una diagnosi di epilessia. Chi scrive è dell’opinione che un individuo epilettico dovrebbe incanalare la propria energia avventurosa in attività terrestri che possono offrire altrettanta gioia e soddisfazione. Possono costituire eccezioni le convulsioni dovute a stimolazione del nervo vago (svenimento), ipotensione posizionale (pressione sanguigna bassa), basso livello di zucchero nel sangue, droghe ricreative, convulsioni febbrili prima dei cinque anni di età (senza altri episodi in seguito). I dati disponibili ci dicono che il 30% degli individui epilettici hanno convulsioni nonostante i farmaci, circa il 50% dei bambini che soffrono di epilessia infantile non avranno maggior rischio del ripetersi di episodi in età adulta rispetto alla popolazione generale (alcuni esperti ritengono che il maggior rischio sia inferiore all’1%), le probabilità di avere un’altra crisi diminuiscono in modo esponenziale con il tempo e il rischio raggiunge la quasi normalità dopo cinque anni (senza prendere in considerazione lo stress aggiuntivo dato dalle immersioni), il 30% dei bambini e il 65% degli adulti avranno crisi epilettiche o convulsioni nei primi due anni di interruzione dei farmaci antiepilettici. Alcuni esperti di subacquea attualmente consentono ad individui epilettici di immergersi una volta trascorsi cinque anni senza crisi dopo aver interrotto i farmaci. Altri medici sono dell’idea che due anni senza convulsioni dopo aver interrotto i farmaci possano portare a un rischio accettabile limitando le immersioni a 15 metri di profondità, acqua limpida e calda e niente nitrox. Sebbene l’incidenza di morte improvvisa da epilessia (“SUDEP”) sia bassa (circa 2,3 volte superiore a quella della popolazione generale), molte di queste morti sono dovute a una compromissione dello stato di coscienza. Il subacqueo epilettico deve decidere. Se dopo aver considerato tutte le informazioni fornite vuole continuare a immergersi deve accettare l’aumento del rischio, e devono accettarlo anche i suoi compagni d’immersione.

VUOI UN ALTRO PARERE?

La sicurezza in immersione deve rimanere la prima e la più importante priorità. Questo principio si applica anche con l’epilessia e i farmaci antiepilettici. Ricordati che sei responsabile anche della sicurezza dei subacquei che si immergono con te. L’assistenza specialistica della linea di emergenza DAN Europe è sempre a tua disposizione.

19 aprile 2017

MARIJUANA E IMMERSIONI: L'OPINIONE DEGLI ESPERTI

La marijuana, o cannabis, è una delle droghe ricreative più usate al mondo. Le leggi che regolano l'uso della marijuana sono in continua evoluzione in molti paesi del pianeta, e ciò pare indicare un futuro aumento di coloro che ne faranno uso anche fra i subacquei.
La percentuale di subacquei che fumano marijuana è significativa, ma non esistono linee guida efficaci che aiutino a capire il rapporto tra fumare cannabis e praticare immersioni. Presumibilmente, la maggioranza dei sub che decide di combinare le loro attività subacquee con l'uso di droghe illecite sceglie la marijuana.
La marijuana per uso medico è prescritta per trattare molte malattie gravi e debilitanti come il morbo di Parkinson’s, la sclerosi multipla, il cancro allo stadio terminale, l'AIDS e il glaucoma, per citarne solo alcuni.


Il Dottor Tom Neuman, noto per il suo lavoro con i subacquei, afferma che l'uso di marijuana riduce tutta una serie di capacità motorie e cognitive, rendendo problematico l'uso di marijuana prima di fare immersioni.
Il Professor Paul Auerbach, della Scuola di Medicina della Stanford University, conclude analogamente che la marijuana può avere molti effetti cronici ed acuti su coloro che la usano e sono anche subacquei. La sostanza può influenzare lo stato mentale, il giudizio, i riflessi fisici e le fisiologie neurologiche di un subacqueo. Auerbach crede che, a meno che apporti dei benefici che sorpassino gli effetti negativi, l'uso della marijuana dovrebbe essere vietato ai subacquei dato che i suoi effetti possono essere dannosi. Praticamente non è stata condotta alcuna ricerca per stabilire gli effetti dell'uso o dell'esposizione alla marijuana nei subacquei.
Esistono alcune difficoltà tecniche, secondo Neuman, nello stabilire una relazione fra i test condotti in laboratorio e le ridotte prestazioni in uno scenario di vita reale come potrebbe essere la subacquea. 
È estremamente impegnativo trovare un gruppo di controllo adeguato per questo tipo di ricerca, e il numero di incidenti subacquei nei quali gli effetti della marijuana sui sub possono essere testati è relativamente piccolo.
Inoltre, normalmente il principio attivo nella marijuana non è più individuabile nel sangue dopo due ore dall'inalazione. Quindi, nel tempo che impiega una persona ad arrivare in camera iperbarica, la probabilità che si possano ottenere informazioni utili con uno degli esami del sangue disponibili oggi è estremamente ridotta. Questo ha portato a non avere una risposta a domande importanti sulla marijuana e le immersioni.


Quello che sappiamo di sicuro, secondo il chirurgo americano in pensione Dottor Ernest Campbell, è che la marijuana può avere effetti avversi sui polmoni dei subacquei. A parte il THC e i cannabinoidi, il suo fumo contiene il 50% in più di catrame, corpi estranei e sostanze cancerogene rispetto al fumo del tabacco.
Campbell conferma che la marijuana può ingrossare i bronchioli terminali, aumentare gli episodi di tosse, infiammare i polmoni e contribuire alla perdita delle cellule ciliate, che servono a combattere le infezioni. Questo processo aumenta il rischio di tappi mucosi, ritenzione d'aria ed embolia gassosa. Fumare molta marijuana può anche portare a contrarre la malattia polmonare ostruttiva cronica.
Neanche il sistema cardiovascolare dei subacquei è immune dagli effetti dannosi. Il solo fumare marijuana occasionalmente può far aumentare il battito cardiaco dai 30 ai 50 battiti al minuto, far aumentare la pressione sanguigna e il rischio di infarti. Anche se fumare marijuana prima di immergersi, secondo molti medici esperti può essere pericoloso per molte ragioni, mancano le prove decisive. Prima di poter dare risposte precise, bisogna investigare l'effetto di questa sostanza sui subacquei in modo più dettagliato.
Il gastroenterologo Steven Gillon, specializzato nella cura delle malattie del fegato, insiste che i parametri di sicurezza sono al momento frutto di congetture, visto che non sono state condotte sperimentazioni su esseri umani specifiche sull'uso di marijuana e le immersioni. 
Quello che si sa, afferma lui, è che ci sono stati subacquei che sono risultati positivi ai test per droga molto tempo dopo aver fumato, fino a 15 settimane nel caso di forti fumatori. Gillon afferma che, come per le bevande alcoliche, non ci dovrebbero essere tracce individuabili di marijuna nel corpo di una persona prima di fare immersioni.
Quando la marijuana è inalata al livello del mare, i metaboliti del THC che si trovano in essa hanno un'emivita di eliminazione di almeno 20 ore, e possibilmente fino a tre giorni. Alcuni sono immagazzinati nelle cellule adipose, con un'emivita di limitazione ancora più lunga, dai 10 ai 13 giorni. La maggior parte dei ricercatori sono d'accordo nell'affermare che i test dell'urina per la marijuana possono rivelarne la presenza nel corpo fino a 13 giorni, e per alcuni individui anche più a lungo.



30 marzo 2017

3 modi per rispettare la vita sott’acqua

Autore: Massimo Boyer è un biologo marino, fotografo sub e scrittore, organizzatore di viaggi subacquei, istruttore e guida. Ottimo conoscitore dei fondali Indonesiani, DAN Member dal 2008


Nell'articolo precedente "Cosa vediamo sott'acqua" abbiamo imparato a conoscere le strane - ed affascinanti - creature degli abissi. Come quando andiamo per la strada dobbiamo conoscere il significato dei segnali e rispettare alcune regole, anche quando andiamo in acqua abbiamo delle regole da rispettare, per non farci male e per non fare danni all'ambiente. Regola prima: chi va sott'acqua ha il grande privilegio di essere uno dei pochi umani a poter vedere da vicino questi esseri da paese delle meraviglie. Ma… a grandi privilegi corrispondono grandi responsabilità (la frase non era proprio così, l’ho un poco aggiustata): la responsabilità di proteggere e conservare questo mondo per noi e per chi vorrà andare a visitarlo in futuro. Tenetelo presente quando sarete sott'acqua: quello che voi vedete attorno spesso è stato costruito con pazienza, durante decine di anni, da piccolissimi animaletti. Evitate di toccare, di rompere, di danneggiare. Regola numero 2: gli animali marini non si devono toccare. Nemmeno con delicatezza. La maggior parte degli animali marini ha una pelle molto sottile e fragile, coperta da uno strato di muco che la protegge da infezioni e dalla disidratazione (a stare immersi in acqua salata si perdono liquidi, lo sapete che dovete bere se fate bagni lunghi, figuratevi chi ci sta per tutta la vita)! Ebbene, se io accarezzo un pesce, credendo di fargli piacere, con le mie manone ruvide porterò via il muco che lo ricopre e lo esporrò al rischio di prendersi una malattia della pelle. Che non era quello che volevo, giusto? Altro esempio: una stella marina ha pelle dura e ben protetta, ma ha la bocca che si apre di sotto, e sopra ci sta lo stomaco. Normalmente il suo stomaco è pieno di acqua. Se io prendo una stella di mare e la porto fuori dall'acqua (per pochissimo tempo, attenzione, non può sopravvivere per molto), l’acqua nel suo stomaco uscirà. Quando la rimetto in acqua devo stare attento a metterla capovolta: solo così la bolla d’aria che adesso si è formata nel suo stomaco potrà uscire dalla sua bocca (burp), altrimenti ci rimarrà provocandole dolori fortissimi. Senza contare, e siamo alla terza regola, che se è vero che noi possiamo fare molto male alla maggior parte degli animali del mare, alcuni di loro possono fare male a noi. Animali come meduse o anemoni di mare hanno cellule urticanti che possono, se le tocchiamo, pungerci e provocarci dolore e prurito simili a quelle che proviamo toccando l’ortica. La medusa nei suoi tentacoli ha delle piccole cellule dette nematocisti, che hanno un ago e sono ripiene di veleno. Toccando l’ago riceveremo una microiniezione di veleno… insufficiente per ucciderci ma quanto basta per farci male e per allontanarci dalla medusa, che ha ottenuto il suo scopo: si è difesa.



Appunto Nessun animale marino è aggressivo, tutto quello che chiedono e di essere lasciati in pace. Se li tocchiamo, siamo noi ad aggredirli, e allora alcuni di loro si difendono. Alcune spugne, se toccate, hanno delle spicole (come i piccoli aghi della fibra di vetro) che si possono conficcare nelle nostre dita dando ancora problemi di dolore e prurito. I ricci di mare hanno spine fragili, che si spezzano facilmente e restano conficcate nelle nostre dita, difficili da togliere. Guardiamo dove sono e evitiamo di toccarli: loro si spostano molto lentamente, non ci attaccheranno mai! Ai tropici ci sono animali piccolissimi e carini, come il cono (una conchiglia) o il polpo ad anelli blu. Ebbene, questi animaletti lunghi pochi centimetri hanno una dose di veleno che può uccidere un uomo adulto. Non vi attaccheranno mai, sono pacifici, ma non toccateli o potrebbero pensare di essere aggrediti e reagire male. Non tocchiamo quello che è molto colorato, spesso in mare colori vivaci sono un segnale di pericolo. Molti pesci hanno aculei velenosi, per esempio gli scorfani, o i pesci ragno, o i trigoni. Siccome sono pesci che di solito stanno immobili sul fondo, possiamo toccarli senza farlo apposta, o mettergli un piede sopra mentre camminiamo sul fondo. La loro puntura può essere molto dolorosa, quando siamo sott’acqua evitiamo di appoggiare le mani al fondo senza guardare o di urtare le rocce con gesti inconsulti. Infine ci sono pesci che hanno denti robusti e bocche grandi, e che possono mordere. Le murene, gli squali, i barracuda, alcuni pesci balestra, potrebbero farci molto male se ci attaccassero, ma di norma non lo fanno mai. Se mordono è solo per difendersi: rispettiamo il loro spazio, come facciamo con qualsiasi animale grosso che possiamo incontrare per strada (per esempio un cane), loro faranno lo stesso. Guardare e non toccare, e non ci potrà succedere niente di male. Per dirla tutta, a volte in mare siamo attaccati da pesci molto piccoli. Se avrete la fortuna di immergervi ai tropici, vi potrà capitare che un pesce pagliaccio (sì, Nemo) vi morda le dita. Un pesciolino lungo pochi centimetri, con una bocca piccolissima, che vi fa il solletico o poco più. Lui attacca perché sta cercando di difendere la sua anemone (la sua casa) a cui vi siete avvicinati troppo. Difende il suo territorio, insomma. Un giorno un amico mi disse «se gli squali fossero aggressivi come i pesci pagliaccio nessuno potrebbe andare per mare». Aveva ragione. 
Morale: rispettate sempre i pesci grossi, ma uno squalo non vi attaccherà mai. Sono i piccolini che vi possono attaccare quando meno ve lo aspettate. E ora aprite gli occhi dietro al vetro della maschera e godetevi lo spettacolo.

6 marzo 2017

Cosa vediamo sott’acqua?

Autore: Massimo Boyer è un biologo marino, fotografo sub e scrittore, organizzatore di viaggi subacquei, istruttore e guida. Ottimo conoscitore dei fondali Indonesiani, DAN Member dal 2008.

Qualcuno si immerge per cercare tesori abbandonati, o relitti di navi o aerei, qualcuno semplicemente perché gli piace la sensazione dell’assenza di peso. Ma la maggior parte dei subacquei va in acqua per vedere, per osservare piante e animali stranissimi. Preparatevi a un mondo fantastico, popolato di strani esseri che non potremmo vedere nemmeno nel peggior bar di Guerre Stellari. Ma andiamo con ordine.
Sapete cosa è una spugna? Dimenticatevi quella con cui vi lavate, in mare è pieno di spugne e quasi nessuna assomiglia a quelle che abbiamo in bagno. Sono animali, anche se vivono attaccati alle rocce e non si muovono mai. Crescono in varie forme, a barile, a calice, a nocciole, a monteruzzo, le più comuni sono incrostanti, cioè formano uno strato sottile che ricopre la roccia. Sono marroni, o nere, rosse o gialle. Viste da fuori hanno dei buchi su tutta la superficie, se le potessimo aprire vedremmo che i buchi più piccolini servono per aspirare l’acqua, che dentro ci sono cellule che catturano le particelle di cibo, e l’acqua inutilizzata esce attraverso buchi più grandi. Una spugna funziona come una pompa, fa circolare l’acqua e ne estrae cibo.
Poi ci sono gli cnidari, cioè meduse, anemoni di mare, coralli, gorgonie.
Le meduse vanno in giro per il mare, i coralli si attaccano al fondo e lì vivranno tutta la vita, ma per occupare lo spazio si dividono, 1'animale (si chiama polipo, attenti, non polpo) ne genera 2, poi 4, poi 8, 16, 32 e si formano delle colonie di polipi, tutti uguali. Ognuno costruisce la sua parte di scheletro, e nascono architetture pazzesche, a forma di alberello, o di cespuglio, o di montagna.


Anche gli cnidari estraggono il cibo dall'acqua, piccole particelle o anche animali più grossi, che catturano con i tentacoli e paralizzano grazie a cellule urticanti, ma questo lo vedremo più avanti.
Sul fondo ci sono altri stranissimi animali, come le ascidie, fatte a sacchetto con due buchi che servono… dite un po’ voi: ma uno per aspirare l’acqua e l’altro per buttarla fuori, ormai lo avrete capito.
Sotto l’acqua, dove arriva la luce del sole, alghe e piante formano a volte delle vere praterie. La Posidonia è una pianta, con radici, foglie, fiori e frutti. Ed è anche molto utile per proteggere le spiagge dalle onde troppo forti. Sott’acqua anche i vermi a volte sono belli. Se io dico verme, normalmente voi farete “bleah”, pensando a quei poveri lombrichi, ma sotto l’acqua ci sono vermi coloratissimi, o con ciuffi arancioni e bianchi… belli insomma.
I crostacei sono animali al contrario. Mi spiego: mentre noi siamo fatti con uno scheletro che sta dentro, e la carne che lo ricopre, un crostaceo ha lo scheletro fuori, che lo ricopre come una corazza, e la carne sta dentro. Ma, diranno i più attenti, come fa a crescere? Ogni tanto fa la muta, cioè esce dalla vecchia corazza con una nuova, più grande.
Essendo fatti al contrario, i crostacei sono animali introversi, timidi, e infatti è difficile vederli fuori dal loro buco. Crostacei sono ad esempio i granchi, i gamberi e gamberetti, le aragoste. Tutti hanno 10 zampe articolate, il primo paio di zampe si chiama chele: servono per afferrare e rompere.
I molluschi sono le lumache, o le conchiglie per usare un termine di uso comune: molti di loro costruiscono una conchiglia che altro non è che la loro casetta, che si portano dietro. Quando il mollusco muore, la conchiglia resta vuota, e a volte il mare la butta sulla spiaggia. Oppure, se resta in mare, la può usare un crostaceo molto timido, il paguro, che se ne serve per riparare la sua coda molle.
Altri molluschi non hanno conchiglia, sono lumache nude e coloratissime e i subacquei le chiamano nudibranchi. Senza conchiglia i pesci se le mangeranno? No, perché i nudibranchi fanno proprio schifo da mangiare, e i pesci lo sanno perché sono colorati, e in mare tutto quello che è molto colorato di solito non si può mangiare.
Ma i molluschi più strani si chiamano cefalopodi. Hanno le zampe (loro le chiamano tentacoli) attorno alla bocca, cambiano colore ogni secondo, sono mostruosi ma bellissimi da osservare. Sono cefalopodi il polpo (attenzione, non polipo), la seppia, il calamaro.
Gli animali più strani di tutti sono gli echinodermi. La stella di mare è un echinoderma, è un animale senza testa, con la bocca sulla pancia e i piedini tutto attorno, senza denti, per mangiare vomita il proprio stomaco fuori e digerisce la preda sul posto, per poi succhiarla. Strano, no? Un altro echinoderma è il riccio di mare, a forma sferica, anche lui ha la bocca di sotto, diversamente dalla stella di mare ha 5 dentoni con cui bruca le alghe.
E infine ci sono i pesci, molti di loro nuotano, altri stanno appoggiati al fondo. Secondo dove andate a fare le vostre immersioni vedrete pesci diversi, ve ne nomino qualcuno tipico dei nostri mari. La castagnola è marrone-nerastra, ha la coda biforcuta come la rondine, e mangia plancton; i suoi piccoli sono di un bel colore blu brillante. I saraghi sono tondi e argentati, qualcuno ha strisce nere. Le cernie hanno bocca grande e vi guardano oscillando le pinne. Le triglie hanno due barbigli, specie di baffi che si muovono in continuazione. Bavose e ghiozzi stanno appoggiati al fondo e vi guardano con facce buffe. Appoggiati al fondo stanno anche gli scorfani, spinosi e di solito considerati brutti. Le sogliole e i rombi hanno i due occhi sullo stesso lato (destro per le sogliole, sinistro per i rombi) e vivono coricate sul lato opposto. E così via.

Sei curioso d'incontrare tutte queste meravigliose creature sott'acqua? Bene, nel prossimo articolo vedremo come interagire con loro, rispettando alcune regole basilari.

Impara a riconoscere anche tu la flora e la fauna marina e come comportarti con loro partecipando ai corsi DAN TRAINING appositi. Chiamaci per maggiori informazioni.

9 febbraio 2017

Non toccare la Corona di Spine

C'è un motivo per cui questa stella marina (Acanthaster plancii) viene chiamata “Corona di spine”! Ma se ti capitasse di toccarla, vai subito in ospedale, perché avrai bisogno di assistenza medica. Aspettare peggiora solo le cose!


Acanthaster plancii
Nome comune: Corona di spine. Coperta di spine acuminate lunghe circa 6 cm e piene di veleno, dotata da 6 a 23 braccia e con un diametro medio di 40-60 cm, ha un aspetto piuttosto pericoloso. Il colore soprattutto rosso può essere interpretato come un segnale di avvertimento della sua velenosità. Il suo efficace sistema di difesa fa sì che abbia pochi predatori. Il suo habitat è dove si trovano i più bei punti d'immersione: nelle zone tropicali di tutto l'Indo-Pacifico (Filippine, Indonesia, Grande Barriera Corallina australiana), nel Mar Rosso e nelle aree costiere dell'America centrale, ossia dove c'è la barriera corallina. Ma possiamo trovarla anche nei nostro Mar Mediterraneo. Attenzione! Questa stella può dare grossi problemi. La prevenzione è la scelta migliore: puoi proteggerti non toccando mai il reef (tutto l'ambiente ed habitat marino non andrebbe MAI toccato!!!) e indossando indumenti protettivi come guanti, calzari, e mute in neoprene spesse.

Se toccate o  urtate anche inavvertitamente una stella corona di spine, togliere le eventuali spine conficcatesi nella pelle, detergere la zona e disinfettarla, assumere antinfiammatori e/o antibiotici da soli non migliorerà la situazione. Il contatto con una delle sue spine provoca un dolore atroce per moltissimo tempo ed un'infezione seria. La situazione può aggravarsi in ascesso che va aperto ed esaminato in laboratorio. A volte è necessaria anche una Radiografia per verificare la presenza o meno di residui di spine ancora nell'organismo, che andranno asportate chirurgicamente. Ovviamente il tutto determina di rimanere in ospedale anche un periodo di due settimane.
Cosa Fare???
Metti la salute al primo posto. Prendi seriamente un incidente con una stella corona di spine e cerca immediatamente aiuto. La situazione peggiorerà e potresti non essere più in grado di arrivare in ospedale da solo. È necessario rimuovere le spine, che possono essere localizzate solo con un'ecografia o una radiografia. La parte ferita si gonfierà rapidamente. È anche superfluo dire che con questo tipo di lesioni bisogna interrompere qualsiasi attività.
" Contatta subito il DAN Europe e, dopo aver ottenuto conferma di copertura delle spese mediche e di viaggio, vai subito in ospedale!!! Se hai una tessera DAN con lo status assicurativo attivo, in tutto il mondo godi di privilegi unici. A seconda del tuo piano assicurativo puoi avere la copertura totale delle spese mediche e far venire uno o più parenti. Le spese per il viaggio e la sistemazione alberghiera sono totalmente a carico del DAN. "
Essere preparati a gestire una situazione di emergenza marina, ci permette di gestire al meglio la situazione. Partecipa ai corsi DAN e preparati ad entrare in azione in caso di necessità!!!
Ci sono limiti evidenti di automedicazione in caso di incidente con una corona di spine: è sempre necessario l'intervento di un medico, sempre!!! Le spine si rompono facilmente e rimangono nella carne rilasciando il veleno. L'infiammazione continua perché il nostro corpo cerca di liberarsi di un corpo estraneo e di combattere allo stesso tempo il veleno.

Il corso DAN TRAINING "First AID for Hazardous Marine Life Injuries" rappresenta la miglior formazione possibile per prestare soccorso negli incidenti causati da flora e fauna marina. 
Contattaci per maggiori informazioni direttamente!!!!!!

30 gennaio 2017

La sai l'ultima???

Da domenica 22 gennaio u.s. una nuova rubrica settimanale "⚠️QUIZ⛑🆘⁉️" vi aiuterà a capire meglio il vostro livello di soccorso, a ripetere le regole base e a sfatare tanti miti che aleggiano sulle procedure corrette da impiegare. Un modo semplice, ma efficace per rimanere sempre allenati ed aggiornati.
La rubrica sarà pubblicata solo su Facebook dove potrete rispondere al sondaggio. La risposta corretta sarà poi pubblicata nel quiz successivo. Per accedere basta cliccare sul link sottostante o sull'icona di FACEBOOK presente nella colonna a destra.


Buona fortuna a tutti.


15 gennaio 2017

La valutazione dei parametri vitali



di B. H.


L'esame dei parametri vitali è essenziale per un primo soccorso di buon livello. Consiste nel fare semplici misurazioni che forniscono dati su come sta funzionando un corpo. I dati aiutano a stabilire quanto sia grave un malato o un infortunato, e misurazioni cadenzate nel tempo indicano se sta migliorando o peggiorando. Sebbene un soccorritore laico possa non comprendere appieno il significato dei dati rilevati, una serie di parametri vitali accuratamente documentata sarà molto utile agli operatori sanitari che poi si occuperanno della persona.

I parametri vitali servono anche a chi si trova a prestare primo soccorso ma ha scarsa formazione medica. Parametri anomali segnalano la necessità di cure e magari di un trasferimento a un livello di cura superiore; ad esempio stati d’ansia, elevata frequenza cardiaca, elevata frequenza respiratoria, pallore, pelle fredda e umida possono indicare shock, una condizione medica potenzialmente mortale. Lo shock è abbastanza facile da trattare, ma se i parametri vitali non vengono controllati può passare inosservato. Se col passare del tempo i parametri si discostano sempre di più dai valori normali, possono segnalare l’urgenza del trasferimento del paziente.

Tempo

Per organizzare al meglio i dati e seguirne l'andamento, è importante annotare l’orario della rilevazione. Ciò consentirà di confrontare i dati e vedere l’evolversi delle condizioni del paziente. La frequenza delle misurazioni dipende dalle condizioni della persona. Persone gravemente ferite o malate vanno controllate ogni pochi minuti, mentre per persone in condizioni stabili sono normali controlli ogni ora.

Stato di coscienza

Lo stato mentale, o stato di coscienza, di una persona infortunata è forse il parametro vitale più importante. Dal momento che il cervello ha la massima priorità nella distribuzione delle risorse fisiche, è particolarmente importante accorgersi di un declino nel suo stato. Per valutare lo stato di coscienza di una persona, iniziamo col parlarle. Se è in grado di rispondere, facciamole le seguenti domande:

Come ti chiami?
Dove siamo?
Che ore sono, più o meno?
Cosa è successo?

Le risposte a queste quattro domande consentono di misurare quanto il paziente sia orientato relativamente alla propria persona, allo spazio, al tempo e agli eventi. Se è in grado di rispondere in maniera adeguata verrà considerato “vigile e orientato nello spazio e nel tempo”, “che ricorda l’accaduto e risponde alle domande più comuni”. Oltre a quantificare il livello di coscienza, sarà utile completare la descrizione dello stato mentale della persona con un termine qualificante, come “irritabile”, “agitato”, “aggressivo”.

Nel caso in cui la persona sia sveglia e in grado di reagire, ma non sappia rispondere a qualche domanda, possiamo considerarla vigile ma disorientata.



Una scala comunemente utilizzata per descrivere lo stato mentale è la scala AVPU, un acronimo che sta per “alert”, “verbal”, “painful” e “unresponsive”. Il paragrafo più sopra descrive pazienti che hanno un livello “A” sulla scala, ma capita che le persone malate o infortunate non siano vigili. Se la persona non reagisce quando le si parla, alziamo il volume della voce. A voce alta, chiediamole come sta.

Se reagisce al volume più alto, può essere considerata reattiva agli stimoli verbali o “V” sulla scala AVPU. La persona non deve necessariamente rispondere verbalmente per essere considerata “V”; potrebbe fare solo una smorfia o aprire gli occhi, ma qualsiasi risposta al suono significa che è “V”. Se la persona non reagisce allo stimolo verbale si valuta la reazione al dolore. È importante non fare del male, ma semplicemente sollecitare una risposta. Un buon modo è dare un pizzico su un braccio, subito sopra al gomito. Se la persona reagisce, ad esempio si muove o geme, è “P” sulla scala AVPU. Infine, un paziente che non reagisce a stimoli verbali o dolorosi è definito “che non risponde” o “U” sulla scala AVPU.

Polso

Un battito cardiaco regolare è necessario per assicurare un adeguato apporto di sangue ossigenato ai tessuti. Per valutare il polso in una persona incosciente (“V”, “P” o “U” sulla scala AVPU) si può usare l’arteria carotide nel collo. Appoggiamo delicatamente due dita alla trachea della persona e lasciamole scivolare sul lato. Attenzione a non premere sulla trachea (utilizzare il lato più vicino) e non tentare di misurare le pulsazioni su entrambi i lati contemporaneamente.

Si dovrebbe sentire la pulsazione nell’arteria carotide vicino alla trachea. In un paziente cosciente (“A” sulla scala APVU) è meglio trovare il polso radiale, sul polso, perché è un metodo meno invasivo.

Per trovare il polso radiale mettere due dita tra la base del pollice e il polso. La pulsazione sarà probabilmente tra quel punto e i principali tendini del polso.

Se abbiamo difficoltà a trovare la frequenza cardiaca, forse stiamo premendo troppo o troppo poco. Una volta localizzata la pulsazione, contiamo i battiti per 15 secondi, moltiplichiamo il numero per quattro ed avremo il numero di battiti al minuto.

Oltre alla frequenza, è importante annotare il ritmo e la qualità delle pulsazioni. Il ritmo sarà regolare o irregolare, la qualità forte o debole. Un adulto sano ha tipicamente una frequenza a riposo tra 60 e i 100 battiti al minuto, regolare e forte. È normale che la frequenza salga quando si fa esercizio fisico o si è in situazioni stressanti. Il cuore pulsa più velocemente per assicurare un’adeguata ossigenazione dei tessuti e consentire all’organismo di reagire velocemente in un’emergenza. Subito dopo l’emergenza le pulsazioni possono essere elevate, ma si dovrebbero stabilizzare in persone in condizioni non gravi.

(N.B.: le linee guida dell’ERC stabiliscono che un soccorritore laico non deve controllare il polso ma solo se la respirazione di una persona incosciente è normale. Se la respirazione non è normale, il soccorritore laico deve iniziare la RCP e utilizzare un DAE.)

Respirazione

Dato che possiamo sopravvivere solo pochi minuti senza ossigeno, è importante controllare il funzionamento del sistema respiratorio. Se una persona sa che stiamo tentando di contare i suoi atti respiratori, probabilmente ne cambierà la frequenza falsando la misurazione. Per evitare che succeda, appena abbiamo finito di controllare il polso passiamo a contare gli atti respiratori, ma senza darlo a vedere: lasciamo le dita sul polso della persona, ma spostiamo l’attenzione sulla respirazione e guardiamo come si solleva il torace. Se non riusciamo a distinguere gli atti respiratori guardando il torace, possiamo guardare l’addome o le spalle. Anche le pieghe negli abiti del paziente possono essere utili a rilevare le respirazioni.

Hazardous Marine Life Injuries è il corso d addestramento per educare ad identificare le forme di vita marina pericolose, a riconoscere ed evitare le possibili lesioni da esse causate ed a fornire il necessario primo soccorso.

Dato che gli atti respiratori sono meno frequenti del battito cardiaco, per avere un risultato preciso contiamoli per 30 secondi e raddoppiamo il numero. Come per il polso, è importante misurare il ritmo e la qualità della respirazione. Il ritmo sarà regolare o irregolare. Per descrivere la qualità della respirazione si utilizzano termini come “normale”, “affannosa”, “sibilante”, “faticosa”. Un adulto a riposo compie in genere tra i 12 e i 18 atti respiratori al minuto, regolari e normali.

Pelle

La pelle è il nostro organo più esteso e può essere un’eccellente finestra sul funzionamento del nostro corpo. Se la pelle è pallida, fredda e sudaticcia, è segno che le risorse dell’organismo (ad esempio il sangue) sono state dirottate verso organi più vitali. Nella valutazione della pelle si prende nota di tre diverse caratteristiche: colore, temperatura e umidità.

Ovviamente il colore della pelle cambia molto da persona a persona, ma ci sono aree non pigmentate del corpo dove tutti gli esseri umani sono rosa. La più facile da trovare è l’interno del labbro inferiore. Diamo un’occhiata e osserviamo se è effettivamente rosa o di qualche altro colore. Potrebbe essere pallido se la persona ha freddo, blu se è in ipossia, rosso se ha caldo o persino giallo se ha qualche malattia. La temperatura e l’umidità si osservano meglio sull'addome, dove sono più attendibili che sulle mani o sulla faccia. L’addome dovrebbe essere caldo e asciutto, quindi è particolarmente importante segnalare se è fresco, freddo, caldo o umido.



Lo stato di coscienza, il polso, la respirazione e l’aspetto della pelle non sono certo gli unici parametri vitali, ma sono importanti e abbastanza facili da valutare. Gli unici strumenti necessari per le misurazioni sono orologio, carta e penna. Altri segni vitali sono la pressione sanguigna, i suoni polmonari, le pupille e la temperatura corporea. Sebbene formazione, esperienza e strumenti possono limitare le possibilità di occuparci di un compagno infortunato in un luogo remoto, misurare i principali segni vitali è qualcosa di utile che praticamente tutti possono fare.



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